Bentornati. Questa settimana mi è stato detto che sono logorroico quindi almeno nell’intro vado spedito. Sono Tommaso, qui potete leggere dei pensierini su Mourinho che si porta la mano all’orecchio e fa il gesto del telefono, con svarioni annessi. Buona lettura.
Non credo che esista un oggetto fisico, concreto, che abbia una gestualità più fisica e immediata del telefono. Forse solo la pistola, non so se sia un caso.
Quando Mourinho contro il Verona dà vita al suo show, che ci dà l’impressione di essere qualcosa preparato da settimane (vorrei un All Or Nothing sulla Roma solo per capire. Per esempio: questo impianto comunicativo lo ha preparato con Maurizio Costanzo subito prima che si dimettesse?), chiunque stia guardando sa benissimo a cosa si sta riferendo. Un semplice gesto richiama immediatamente un immaginario completo, fatto di squadre, processi, a chiunque è capitata sotto gli occhi una foto ben precisa. Non c’è un motivo preciso, eppure questo vortice mi affascina. Il telefono (chiamatelo come volete, telefonino, smartphone, cellulare) ha assolutamente cambiato il mondo del calcio. E mi sconvolge che un oggetto così semplice, accompagnato da un gesto così semplice possa avere tutta questa storia. Per esempio: mi è capitato un paio di volte di guardare/vedere (eufemismo) una partita dal telefono (qui un breve resoconto). Un incubo, lo ammetto.
Eppure il telefono, come concetto in senso ampio, fa assolutamente parte della mia formazione come spettatore di calcio. Alcuni dei ricordi più intensi che ho che riguardano il pallone, hanno di mezzo un telefono.
Innanzitutto le squadre più iconiche della mia generazione, hanno in qualche modo qualcosa che richiama a quel mondo.
Ho trovato questa foto, forse la più esemplificativa, con Van Nistelrooy, Keane e Ferdinand che probabilmente stanno giocando a Tetris, dandosi consigli uno con l’altro, mentre sulla loro maglia campeggia Vodafone - e di conseguenza nella nostra testa Megan Gale che ci dice che è tutto intorno a noi. Ma è impensabile, per esempio, volgere il pensiero ad Henry e non immaginarlo con una maglia dell’Arsenal con lo sponsor “O2” che campeggia, o pensare a Ribery e Robben senza T-mobile ben stampato sul petto.
Il telefono si è preso il mondo, pertanto si è preso il calcio. È difficile immaginare chi abbia cambiato cosa, ma ci sono alcuni esempi che ci portano a pensare che alla fine, quel gesto composto da due dita sia stato anche una sorta di aggiornamento delle influenze culturali nel calcio - un qualcosa che si può chiamare ricambio generazionale.
Mentre Griezmann esulta con la maglia della Francia come se fosse Drake nel video più iconico della sua storia, dove al posto di iconico ci starebbe bene memabile, Drake è nel garage dello stadio a farsi i selfie con Pogba.
Ovviamente un selfie, un telefono.
Il selfie è una delle componenti fondamentali di questo cambio, sono passati 13 giorni e 7 anni da quest’esultanza.


Proprio nella gioia, nella condivisione, il telefono entra in gamba tesa. Quella di Totti è una sorta di rivoluzione, anche controintuitiva. Che sia il “Pupone” quell’uomo formato, incastrato nella favola di Peter Pan a introdurre coattamente un cellulare sul campo da calcio rende ancora più assoluto questo cambiamento.
Un cambiamento destinato a durare. Qual è la prima (o una delle prime) immagini che vi vengono in mente se pensate all’Europeo di quest’estate? Personalmente, oltre l’intervista di Bernardeschi e Chiellini che bullizza il capitano della Spagna, c’è Federico Chiesa che urla a Siri: “Chiama Mamma”. È lì, ha appena vinto il secondo trofeo più importante a livello continentale, il suo primo pensiero va alla mamma. Se Bastoni, però, per festeggiare con sua madre, è rimasto vittima di una foto che ritrae la donna che lo ha messo al mondo mentre gli pulisce la bocca, l’ala della Juventus ha preferito evitare, facendo tutto in via telematica, così da non far esistere imbarazzo.


E anche la gioia, porta alle distonie del presente. Immaginate un accordo tra un’azienda e un talent: “Oh se vinci, ti pago per chiamare”. Un concetto assurdo, non fosse altro per scaramanzia. Be’, non dovete immaginare, è successo.

Così, mentre il mondo lo dipingeva come grande solo coi grandi, incapace come il suo padre calcistico di trascinare la propria nazionale a un successo, Messi vinceva la Copa America. La sua esultanza? Sedersi al centro del campo urlando a un monitor che finalmente ce l’aveva fatta.
Mentre mimava il gesto di telefonare, Mourinho avrebbe urlato all’arbitro Pairetto “ti ha mandato la Juventus”, con un chiaro riferimento a Calciopoli, forse lo scandalo calcistico più basato sul concetto di telefono. Rischia quattro giornate di squalifica. Non riesco a immaginare un gesto che richiami a qualcosa di così pericoloso, in modo così immediato, tanto da costare una punizione a chi lo fa. Forse solo la pistola.
Mi squilla il telefono, vi devo lasciare. Voi nell’attesa iscrivetevi.