Handanovic, l'ultimo esemplare dei solitari
Che momento sta vivendo il Charles Bukowski dei portieri?
Bentornati su Feticci o, se siete appena arrivati, benvenuti. Questo è il secondo articolo ed è utile per iniziare a capire come ci struttureremo e cosa troverete nelle vostre caselle mail di settimana in settimana. Quanto segue è stato scritto interamente da me, Tommaso Naccari, la prossima settimana leggerete un articolo di Federico e così via. Se avete letto il primo articolo sull’FC Clivense e ci avete dato un feedback, grazie, davvero. Se invece non lo avete letto lo trovate qui, ma recuperatelo alla fine dai. Buona lettura.
Non piangere salame
La prima immagine che mi viene in mente se penso ad Handanovic, non è un’immagine legata direttamente ad Handanovic stesso, ma al suo predecessore: Julio Cesar. Non so neanche se siano effettivamente le sue ultime immagini con la maglia dell’Inter, ma provo un dolore acuto anche solo a consultare la pagina Wikipedia. Rivivere le lacrime di questo gigante che più che un portiere di calcio sembra Stan Smith di American Dad, mentre si asciuga le guance con dei guantoni che ricordo gialli, sarebbe un trauma insuperabile.
Quindi, il mio rapporto con Handanovic è partito, per così dire, con un handicap non indifferente: aveva fatto piangere - non direttamente tra l’altro, c’est la vie - il mio giocatore preferito dell’Inter del Triplete, avrebbe dovuto impegnarsi molto di più di chiunque altro per far breccia nel mio cuore.
Il ruolo del portiere è qualcosa a cui sono molto legato, perché ci sono passato in prima persona. Non nel calcio, ma in un altro sport, la pallanuoto, che mi ha lasciato al contempo un mix di entusiasmo per chi veste la numero uno sotto la traversa e di stupore: “Come cazzo fanno questi a tuffarsi sull’erba?”. Da sempre mi sono sentito dire: “Chi fa il portiere è matto” e, per quanto quello che sto per dire possa suonare una frase di Simone Cristicchi infilato in uno shaker con Matteo Salvini, mi sembra più matto un caloroso brasiliano che un algido e longilineo perticone sloveno, con gli occhi a fessura, che sembra incapace di provare emozioni.
Questa era un’intro, un mix di giustificazioni e tentativi di razionalizzare. Ho un problema con Handanovic, lo ammetto. Farò in modo che questo non renda faziosa e ingiusta la mia analisi, ma permettetemi di svaccare nel finale.
Uomini forti destini forti, uomini deboli destini deboli
Una delle sfortune più grosse di Samir Handanovic con la maglia dell’Inter - pur essendo il portiere con più presenze della storia del club - è di essere capitato nel momento sbagliato.
Immaginando l’Inter come una di quelle feste delle confraternite americane, Handanovic non solo è arrivato dopo che il pazzo a petto nudo ha deciso di tuffarsi sbronzo dal tetto alla piscina con un lenzuolo legato al collo a mo di mantello, è praticamente arrivato quando gli occupanti del dormitorio scelto come sede della festa stavano raccogliendo quei bicchieri rossi col bordo bianco, sguazzando in quel misto di alcool versato, guano e liquidi corporei di diverso tipo con la speranza che venga pulito tutto. Un Nanni Moretti all’ennesima potenza: non è andato alla festa, ma neanche potrà dire di non essersi presentato.
Il suo esordio, per capirci, arriva nei preliminari di Europa League, con Stramaccioni in panchina e Silvestre-Chivu come coppia di centrali a proteggerlo. Tra gli altri nomi che risaltano ci sono Nagatomo (che segnerà uno dei tre gol che porteranno l’Inter a sconfiggere l’Hajduk Spalato) e Livaja che sostituisce un Milito che ormai l’unico principe a cui potrebbe essere associato è Carlo. Handanovic dunque arriva all’Inter quando l’Inter ha già inconsapevolmente iniziato la sua discesa verso gli Inferi. La sbornia per un successo atteso 45 anni e la riconoscenza verso chi l’ha reso possibile, hanno portato Moratti a rinunciare alla progettualità per tutelare il culto di vecchi eroi, che hanno finito, insieme ad acquisti disastrosi, per trascinare tutto il club sul viale del tramonto. In questo irreversibile imbrunire, Handanovic è tra i pochi a brillare. Come richiede l’esercizio delle funzioni di un portiere, dà sicurezza, e lo fa in un contesto insicuro e in continuo deterioramento, tecnico e societario. Per anni vive il conflitto dolceamaro della soddisfazione personale e della delusione collettiva. Poi, la sera del 26 maggio 2019, contro l’Empoli, la sua parabola di salvatore della patria trova il massimo compimento. È lui che nei drammatici minuti finali della gara che vale la qualificazione in Champions League si immola su Uçan per salvare l’Inter dall’ennesimo fallimento, dando finalmente il via a una rinascita attesa da tempo.
Quando Antonio Conte arriva all’Inter, Handanovic non è già più il portiere che in tutti gli anni di purgatorio nerazzurro si è posto come perno su cui tentare di ricostruire. Come è normale per un portiere di 35 anni, la reattività non è più quella di un tempo, così come la forza esplosiva. Un fisiologico declino fisico che ha messo in luce i tratti più discutibili del suo modo schivo e indolente di stare in porta. Sebbene Conte non abbia intenzione di mettere in discussione il suo posto né di cercare un altro portiere, le avvisaglie del decadimento sono già evidenti, sia ai tifosi interisti che allo stesso Handanovic. Come Thanos che guarda fiero il suo Guanto dell’Infinito ormai ricolmo di gemme, per Handanovic il profumo della gloria tanto rincorsa ha avuto da subito il retrogusto amaro del sottile e malcelato imbarazzo. Lo scudetto conquistato è il giusto premio per chi ha tenuto a galla l’Inter per molto tempo, ma quanto è crudele un destino che ti mette in discussione nel momento in cui tutti vengono celebrati?
Le nove partite giocate sotto la guida di Simone Inzaghi sono già emblematiche dell’aura che si porta intorno il portiere sloveno. Di questa strana dicotomia che caratterizza la sua storia nerazzurra. Quando le cose vanno bene, Handanovic sembra lì per complicarle con la sua staticità. Quando vanno male, invece, capita che rispolveri i riflessi di un tempo, come se si portasse dietro antichi retaggi. È successo sabato scorso, contro il Sassuolo, una gara in cui la squadra di Inzaghi ha fatto fatica a eludere la pressione feroce degli avversari, subendo il loro ritmo e la loro qualità, e che Handanovic ha letteralmente tenuto in piedi con almeno due parate prodigiose. Al di là di un intervento dubbio da ultimo uomo su Defrel, è stato pronto e reattivo, addirittura più volte nella stessa azione.
La GIF sopra mostra dunque un portiere molto distante da quello che ci si è abituati a vedere negli ultimi tempi. Anche per un semplice motivo: si tuffa. Non è la prima volta in stagione, se si pensa a un’altra partita che ha mostrato alcune lacune dell’Inter di Inzaghi, quella con la Fiorentina. Anche in quell’occasione, Handanovic è stato protagonista di un’ottima prestazione.
Prendendo in analisi l’azione che nel video qui linkato va da 00.26 a 00.40 circa, abbiamo perfettamente raffigurate le due anime di Handanovic: prima interviene in maniera strepitosa sui piedi di Nico Gonzalez impedendogli quello che a conti fatti era poco più che un tap-in, poi battezza fuori il tiro di Biraghi in quella che è diventata la sua signature move: la parata laser.
Ovviamente, specie per un tifoso, l’impatto percepito di un giocatore sulla partita è spesso legato al sacrificio: in uno stadio grosso e rumoroso come San Siro, difficilmente un giocatore dalla tecnica sopraffina ma che in campo trotterella verrà apprezzato, la maglia in qualche modo “deve” uscire dal campo sudata. Visto che chiedere di correre al portiere sarebbe abbastanza contro-intuitivo, ciò che si chiede all’estremo difensore è l’illusione di essere sempre a un passo dal parare il pallone. Samir Handanovic quest’impressione non la dà mai, o quasi. Quasi come fosse un iPhone a fine giornata, sembra sovente in modalità risparmio energetico, pertanto capita molto spesso che, piantato a terra, segua la palla con lo sguardo, accennando un mezzo squat, come se fosse pronto a saltare, ma avesse capito che non ce n’è bisogno. Ma se questa mossa funziona quando la palla va fuori, ogni qualvolta la rete viene agitata dalla sfera, l’impressione è che Handanovic non l’abbia neanche vista partire o che, ancora peggio, non avesse voglia di tuffarsi, contravvenendo al primo insegnamento ricevuto da un portiere in una qualsiasi scuola calcio.
Ma visto il personaggio, forse, non è un caso che Handanovic sia iniziato a calare proprio mentre l’Inter risaliva la china.
Capitano, mio capitano
Una delle frasi che più spesso ho sentito dire nei primi anni di Handanovic all’Inter era qualcosa che suonava come: “Questo viene da una difesa che prende 20 tiri a partita, ovvio che si esalti. In una big ne prendi 1/2 a partita eh, vediamo se regge…”. Ora, non so se questa cosa sia stata poi smentita dal fatto che in quegli anni l’Inter era forse una delle cose più lontane dal concetto di big o dal fatto che semplicemente non sia la verità, fatto sta che l’idea di essere l’underdog piuttosto che colui al centro del palco, ho l’impressione che esalti Samir Handanovic. Non è un caso, dunque, che lo sloveno si porti dietro la fama di para rigori, la situazione probabilmente più scomoda in cui un portiere possa essere messo: quando i numeri, la logica, i fatti sono contro Handanovic, lui si esalta.
Se potessimo parlare con lui liberamente, sono sicuro che ci direbbe che il capitano manco voleva farlo. Se si escludono alcune partite spot degli anni precedenti, Samir Handanovic diventa capitano dell’Inter in modalità che lasciano diversi dubbi sulla spontaneità dell’atto stesso. Durante l’affaire Mauro Icardi e visto che il suo vice, Andrea Ranocchia, vedrà di lì a poco il campo giusto qualche minuto, un comunicato dell’Inter su Twitter annuncia che nel mezzo della trattativa per il rinnovo con l’allora detentore della fascia da capitano, sarà Samir Handanovic a far vanto di una bella C stampata su una banda elastica intorno al braccio.
Non c’è nulla di “meritevole” in questo annuncio, anche se per presenze ed esperienza Handanovic ha tutte le carte in regola per indossare la fascia. Samir sembra quasi essere capitato in mezzo a un alterco, è il vicino di casa dopo che marito e moglie hanno litigato nel celebre spot FIAT che terminava con “buonaseeeeera”. A differenza però dell’uomo con grembiule e guanti che voleva solo venderti una Punto, Handanovic viene spinto fuori di casa, viene forzato a farsi avanti, o almeno questa è l’impressione.
Del resto, anche se suona un po’ maligna come affermazione, Handanovic non sembra mai avere la caratura del leader e, stando a quanto detto prima, la fascia arriva praticamente nel momento in cui l’Inter sta risalendo la china, ovvero quando la sta iniziando a scendere lui.
Che questa fascia sia una sorta di "bug nel sistema”, poi, lo dimostra la nonchalance con cui, sempre la società, fa sapere - in qualche modo - che dall’anno prossimo il nuovo capitano sarà Nicolò Barella. Handanovic non ha mai parlato di ritiro, di smettere, di voler fare nuove esperienze, di voler tornare a casa, praticamente senza protagonismi o riflettori puntati addosso sembra che l’anno prossimo verrà semplicemente accantonato, nascosto sotto il tappeto. Al suo posto potrebbe esserci appunto Barella come capitano e Onana come portiere. Nella giornata di martedì, La Gazzetta dello Sport parla addirittura di Handanovic che rinnoverebbe - il suo contratto scade il 30 giugno - per fare da vice all’attuale portiere dell’Ajax, fermo ai box da otto mesi e che potrà riprendere a giocare solo il 3 novembre, dopo la squalifica per doping. “Testa alta, petto in fuori, Samir, la Nord è con te” recitava uno striscione di qualche giorno fa, di poco conseguente alle dichiarazioni di Inzaghi che parlava di un portiere che farà “la fortuna dell’Inter per moltissimi anni ancora”, in quel tic di superlativizzare tutto dell’ex allenatore della Lazio. Eppure tutti parlano di Onana, nessuno parla di rinnovo, ma soprattutto nessuno sembra pronto a strapparsi i capelli per Samir: strano per il secondo straniero con più presenze in Serie A di sempre.
Handa on Rye
Escluso il dubbio gusto per ciò che è posizionato sulla loro testa - per il nostro gli immancabili cappellini nelle partite delle 12.30, per l’altro una forte repulsione per lo shampoo - non ci sono grossi punti di contatto tra Samir Handanovic e Charles Bukowski.
Eppure, in un’intervista di qualche settimana fa, il numero uno dell’Inter si è definito “il Bukowski” dei portieri, nonostante non fumi, non beva e non si droghi. Parole sue.
Eppure, questo passaggio tratto da “La più grande intervista fatta a Bukowski”, forse riassume bene il personaggio di Handanovic: “Sono troppo un tipo solitario, troppo burbero, troppo contrario alla folla, troppo vecchio, troppo fuori tempo, troppo astuto, troppo scaltro per venire risucchiato e coinvolto. Mi sembra di essere l’ultimo esemplare dei solitari”.
Tutto ciò che è stato citato, dalla follia dei numeri uno, alla sua propensione per parare i rigori, al suo essere forte quando l’Inter non va e viceversa, sono racchiuse in questo collage di risposte e pensieri dell’autore nativo di Andernach. Eppure Samir in questi anni è stato tutt’altro che un vecchio inacerbito con la vita e con l’evoluzione. Nonostante la maschera del solitario gli si addica alla perfezione, è notevole come superati i 30 - che sì, possono coincidere e anzi spesso lo fanno con il prime di un portiere, ma che sono comunque un’età in cui il tuo gioco è per così dire consolidato - Samir abbia fatto evidenti miglioramenti nel gioco coi piedi, diventando uno dei portieri più abili delle serie A a creare superiorità numerica in fase di prima costruzione. In quest’ottica, l’errore che nella seconda giornata di campionato a Verona è costato il gol di Ilic, può essere sì considerato un episodio isolato, un infortunio che capita, ma anche, forse, il segno che la tranquillità e la pulizia sempre dimostrate nella gestione del pallone sono contaminate dall’eco di tutte le critiche che gli sono piovute addosso negli ultimi tempi.
A queste, Handanovic ha risposto pubblicamente e con dichiarazioni piuttosto bizzarre. Dopo essersi paragonato a Bukowski, ha fatto passare qualche giorno e poi è tornato alla carica. "Come paro le critiche su di me e come mi comporto? Tanti cani abbaiano per la strada ma non è che tiro le pietre su ogni cane che abbaia per strada". Non è ben chiaro cosa intenda Handanovic, però è interessante come capovolga la domanda e in generale l’azione della domanda. Solitamente parare, semplificando al massimo, è un’azione passiva o - quantomeno - è una delle azioni più passive che si possano fare su un campo da calcio: dipende quasi totalmente dalla scelta di un altro, per di più avversario. È una reazione. Quando gli chiedono “come para le critiche”, in una classica metafora giornalistica in cui sembra strano non vengano citati i guantoni, Handanovic risponde con un’azione incredibilmente attiva: “non è che tiro le pietre su ogni cane che abbaia per strada”. Senza considerare quell’ogni che implica che invece a qualche cane per strada Samir tiri le pietre, l’azione di parare e l’azione di lanciare sono completamente antitetiche. Il portiere risponde a questa domanda con una violenza completamente fuori metafora, sembra quasi più una battuta dell’Arthur Fleck interpretato da Joaquin Phoenix un attimo prima di crollare. Tutto il mondo attorno a lui sta diventando violento (l’abbaiare dei cani è violento?) allora io per difesa lo divento ancora di più.
Quattro autori a cui potrebbe ispirarsi Samir
Eccoci al gran finale pre-annunciato. Visto che la dichiarazione in cui Handanovic si paragona a Bukowski mi ha ossessionato come poche altre cose nell’ultimo anno (penso per esempio alla presunta assunzione di droghe di Damiano dei Maneskin all’Eurovision con relativo video), ho deciso di provare a mitigare questa mia fissazione con un mini-gioco. Ho raccolto quattro autori (di libri, romanzi, fumetti, musica, autori nel senso più lato del termine) ai quali il nostro può dire di essersi ispirato nelle future interviste. Samir, se davvero leggessi queste righe e ti venisse voglia di ispirarti, non ringraziarmi.
Fabrizio De André
In direzione ostinata e contraria. Probabilmente Handanovic si è divertito a fare il “controcorrente”, Charles Bukowski è letteralmente il primo atto di ribellione adolescenziale che - almeno ai miei tempi - si faceva su Tumblr. Parolacce, senso di rabbia verso il mondo esterno: la lettura più superficiale dell’autore ti porta a pensare che sì, quello che stai leggendo è assolutamente anche il tuo pensiero, solo Charles ti capisce. Ecco, se volesse proseguire su questo solco già tracciato, fornendo un approccio più maturo, Fabrizio De André potrebbe essere un ottimo modo: un uomo buio, enigmatico, dal passato burrascoso e confuso capace di raccontare storie ma anche di essere inaccessibile grazie all’uso del dialetto, tra l’altro non un dialetto popolare, ma il genovese, il mio, che se non avete mai sentito vi invito a sentire. Una sorta di litania piagnucolante che mi risulta respingente come poche cose al mondo. Se volesse vestire questa maschera ancora a lungo, De André potrebbe essere l’uomo giusto.
Andy Kaufman
La proporzionalità inversa rispetto al rendimento della squadra, unita al fatto che, appunto, Samir Handanovic avrà preso l’80% dei gol degli ultimi anni guardando banalmente la palla finire in fondo al sacco, mi porta a pensare che il portiere ci stia, detto in francese, prendendo per il culo. Cos’è un portiere che prende gol senza tuffarsi se non la più grande performance artistica vivente o, come lo chiamano su YouTube da qualche anno a questa parte, un esperimento sociale? A fine carriera Samir potrebbe pubblicare degli studi che analizzano quanto ci mette una tifoseria a odiarti dopo che hai fatto male il tuo lavoro? Cosa serve per ritardare questo tipo di reazione? Oppure banalmente potrebbe inscenare la sua morte, crescere Gabriel Brazao sotto la sua ala e convincere tutti fra qualche anno che Brazao altro non è che Samir Handanovic, nell’ennesima grande performance artistica. Potrebbe funzionare ancor più che con Jim Carrey.
Georges Simenon
Questo banalmente perché Samir Handanovic, soprattutto con il cappellino, ha proprio l’aspetto di una guardia in borghese.
J.K. Rowling
In un colpo di scena mozzafiato, Samir Handanovic si paragona in propria difesa a J.K. Rowling, l’autrice della saga fantasy più venduta al mondo (dopo la Bibbia, direbbero i più sagaci 😉). “Davvero mi odiate per un finale di carriera leggermente in discesa? Prendete la Rowling: la odiate per quelle porcate sui TERF e la monnezza della saga cinematografica di Animali Fantastici oppure l’amate per avervi fatto conoscere Harry Potter?”. A voi l’ardua scelta.
Ecco, questa era Feticci. Vi avevo promesso che nel finale avrei svaccato.
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